Giurisprudenza

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Cassazione civile Sez I, 2405/2015, 09.02.2015

I. Le parole di uso comune relative al genere di un prodotto possono costituire oggetto di valido marchio solo in quanto abbiano subito una modificazione tale da oscurare il loro originale significato linguistico e siano divenute tali da designare, con forte individuazione, un nuovo prodotto, perché impiegate in senso arbitrario, fantastico, iperbolico, senza alcuna aderenza concettuale con l'oggetto che sono destinate a cO,ntraddistinguere. Il. Non è vietata la registrazione in uno Stato membro, come marchio nazionale, di un vocabolo mutuato dalla lingua di un altro Stato membro nella quale esso sia privo di carattere distintivo o sia descrittivo dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione, a meno che gli ambienti interessati nello Stato membro nel quale si richiede la registrazione siano in grado di individuare il significato del detto vocabolo.

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