Giurisprudenza

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Corte di Cassazione, 3276, 09.04.1996

Il principio secondo il quale l’uso di parole, figure o segni comunque atti a trarre in inganno sulla scelta dei prodotti deve essere riguardato con riferimento ai segni in sé e non ai prodotti o al modo d’uso del marchio, e cioè all’intrinseco degli elementi costitutivi del marchio senza considerare eventuali caratteri estrinseci o particolari qualità dei prodotti da esso contrassegnati, non esclude che la nullità originaria del marchio vada riguardata pur sempre i relazione al prodotto descritto nella domanda di registrazione, ma va inteso nel senso che, operato il necessario collegamento tra il segno utilizzato come marchio e la descrizione del prodotto con esso contrassegnato nella domanda suddetta (con riguardo all’essenza e non a mere ed eventuali qualità del prodotto medesimo) la recettività originaria del marchio deve essere negata quando la si faccia dipendere da fattori da esso estrinseci o dalla mancanza di qualità del prodotto la cui descrizione sia tuttavia coerente con il marchio che lo contraddistingue, e non quando il marchio corrisponda ad un prodotto essenzialmente diverso da quello che deve contrassegnare.
Il provvedimento di inibitoria dell’uso di un marchio nullo mira ad evitare la continuazione di un illecito originario ed è conseguente al suo presupposto che è l’affermazione di nullità del marchio (in applicazione di questo principio la Corte ha respinto il mezzo di ricorso per violazione di legge basato sul rilievo che l’inibitoria colpiva il marchio “Cotonelle” in sé e non in relazione all’uso su un prodotto puramente cartaceo dato che la sanzione si riferisce unicamente a tale ipotesi e non anche a quella che si dice prospettata per fini puramente dialettici di un prodotto contenente fibre di cotone conformemente al significato del marchio).
Al fine che sia sollevata una questione pregiudiziale ex art. 177 CE non basta che una parte sostenga che la controversia ponga una siffatta questione ma occorre che il Giudice nazionale accerti la sussistenza in senso tecnico di una questione interpretativa che giustifichi il ricorso alla logica del rinvio pregiudiziale che è l’uniformità del diritto comunitario.
Non può escludersi che la stessa merce – quando non si introduca alcuna restrizione alla circolazione di essa in sé considerata – possa fare uso di un marchio in uno Stato e di un marchio diverso in un altro, se tali Stati abbiano inteso realizzare diversamente la tutela della proprietà industriale e commerciale tra quei margini di autonomia che l’Ordinamento Comunitario riconosce loro.

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