Le invenzioni realizzate nell'ambito dell'università
11 novembre 1998Il personale universitario, nello svolgimento della
normale attività di ricerca, o delle attività di ricerca poste in
essere in esecuzione di contratti o di convenzioni con terzi, può
concretizzare un qualche cosa (un prodotto, un procedimento, un
sistema o quant'altro) che è nuovo e che possiede contenuti tipici
di una invenzione. Detto qualche cosa spesso può presentare un interesse
economico, anche notevole, per chi esercita attività industriali
o commerciali e può quindi essere oggetto di transazioni economiche
favorevoli all'Università stessa.
Qualora tale invenzione sia conseguita quale risultato occasionale,
nell'adempimento o nell'esecuzione del rapporto di lavoro, senza
che ciò costituisca l'oggetto specifico del rapporto stesso, per
l'inventore si concretizza una specifica situazione anche di carattere
economico.
Differente è il caso in cui chi concretizza l'invenzione sia stato
espressamente assunto per ricercare e per inventare, ovvero operi
all'interno di uno specifico accordo che preveda in modo esplicito
tale attività ed anche a tale scopo è remunerato. E' questo il caso,
ad esempio, di certi contrattisti che, in certe situazioni, possono
essere associati affidando loro incarichi specifici che facilmente
possono portare ad invenzioni e che comunque comportano un'attività
di ricerca.
Salvo quanto prevede il T.U. n. 3/57 (Impiegati dello Stato), qualora
l'attività di ricerca fosse espressamente contemplata nel rapporto
di lavoro, si applica il disposto dell'art. 23.1 Legge Invenzioni
sicchè in capo al datore di lavoro vanno tutti i diritti patrimoniali,
mentre in capo al dipendente, o al collaboratore, resta solo il
diritto morale ad essere citato come inventore.
Nel caso invece in cui l'attività di ricerca, ovvero l'attività
inventiva, non sia specificamente contemplata nel rapporto con l'Università,
trovano applicazione gli artt. 23.2 e 24 della legge sui brevetti
(R.D. n. 1127 del 29/6/1939) che portano anch'essi i diritti patrimoniali
in capo al datore di lavoro. Al dipendente, invece, inteso in senso
lato e pertanto comprendendovi anche i collaboratori, oltre al diritto
di essere citato come inventore, spetta un "equo premio".
L'equo premio è proporzionato al valore obiettivo
dell'invenzione collegato agli utili prevedibili in relazione al
tipo di attività esercitata dal titolare del diritto patrimoniale,
senza possibilità di sostituire la concreta quantità degli utili
alla loro prevedibilità.
L'equo premio va quindi corrisposto dall'Università, o da
chi per essa, collegandolo ai prevedibili utili che si presume possano
provenire dall'eventuale sfruttamento dei diritti patrimoniali derivanti
dall'invenzione.
In altri termini è il fattore economico prevedibile che definisce
compiutamente la spettanza secondo parametri che possono essere
mediati dalla così detta "formula tedesca" o da altre
metodiche convenzionalmente accettate dalle parti, ovvero ancora
da norme generali come in essere e come nel caso di specie applicabili
che possono anche prevedere ripartizioni definite.
Se lo sfruttamento economico compete al committente, o al finanziatore,
è all'interno del contratto tra Università e committente che deve
venire regolamentato il riconoscimento all'equo premio e,
in cascata, anche attraverso convenzioni specificamente poste in
essere, tra Università e ricercatori interni ed esterni, ad esempio
contrattisti o studenti.
Il diritto dell'equo premio sorge, secondo la prevalente
giurisprudenza, nel momento in cui è stato conseguito il brevetto.
La prevalente dottrina ritiene invece che il momento in cui sorge
il diritto all'equo premio coincida con il momento in cui
si concretizza l'invenzione, mentre l'esigibilità decorre dal momento
in cui l'invenzione è comunicata al detentore dei diritti patrimoniali.
L'esercizio del diritto all'equo premio si prescrive, ai
sensi dell'art. 2946 c.c., dopo dieci anni che il brevetto è stato
conseguito (secondo la prevalente tesi giurisprudenziale) ovvero
dopo dieci anni che l'invenzione è stata comunicata al detentore
del diritto patrimoniale (secondo la prevalente tesi in dottrina).
Va notato che è indifferente, per concretizzare l'insorgere del
diritto all'equo premio, che l'invenzione, se possiede i
requisiti per essere brevettata validamente, sia stata brevettata
o meno dal detentore del diritto patrimoniale.
Di contro, un'invenzione non brevettabile (ai sensi degli articoli
12, 13.2 e 14 Legge Invenzioni), sia nel caso in cui sia stata brevettata
che nel caso in cui non sia stata brevettata, non fa sorgere alcun
diritto all'equo premio.
Va infatti notato che, in Italia, la concessione dell'attestato
di brevetto avviene senza che sia stato posto in essere un obiettivo
esame quanto a merito.
In base a quanto sopra si capisce la necessità per
l'Università, nella persona degli Enti che assumono accordi con
collaboratori quali ricercatori esterni, contrattisti, studenti
o altri, per l'esecuzione di ricerche proprie o conto terzi, di
formalizzare con essi un accordo quadro. Tale accordo può essere
concretizzato o mediante disposizioni normative generali che devono
essere sottoposte preliminarmente per accettazione a, e accettate
da, detti collaboratori, o mediante contratti specifici di volta
in volta, e sempre preliminarmente, concordati con il soggetto specifico.
In tal senso, l'Università dovrebbe quindi predisporre dei contratti
tipo di semplice e pronta fruizione anche per gli Istituti e per
i Dipartimenti.
Qualora contrattualmente non venga definito chi è
il soggetto a cui fanno capo i diritti patrimoniali derivanti dall'invenzione,
la titolarità di detti diritti appartiene all'Università, anche
se trattasi di ricerche commissionate e purchè non esistano disposizioni
normative che regolamentano, in via generale, tale tipo specifico
di contratto o convenzione.
Qualora non esistano dette disposizioni normative generali, da applicarsi
caso per caso ed ove applicabili, l'Università deve aver cura di
regolamentare contrattualmente, verso i terzi committenti o finanziatori,
il suo diritto sul contenuto economico dell'invenzione e può farlo
in diversi modi.
Tale regolamentazione può prevedere:
- i) che i diritti patrimoniali spettino all'Università totalmente
o parzialmente, nel qual caso va individuata la quota a favore
dell'Università;
- ii) che i diritti patrimoniali spettino al committente, o al
finanziatore, totalmente o parzialmente, nel qual caso vanno individuate
le quote di proprietà.
Nel caso i diritti patrimoniali spettino contrattualmente
all'Università, può essere previsto, sempre contrattualmente ed
anche con atti successivi, che l'Università ceda tali diritti ad
un qualcuno definito, o da definire, ovvero conceda una licenza
a detto qualcuno definito, o da definire.
La licenza deve individuare il campo di applicazione,
può essere esclusiva o non esclusiva e deve essere applicabile ad
un territorio definito comprendente uno o più Stati.
Il pagamento del corrispettivo della licenza può essere regolamentato
in diversi modi, ma è sempre opportuno prevedere, a favore dell'Università,
strumenti di controllo contabile e precise ed univoche modalità
di calcolo dei compensi e di controllo del pagamento.
Nel contratto di ricerca deve essere definito chi
decide la brevettazione e la sua copertura, nonchè a carico di chi
vanno le spese della detta eventuale brevettazione, nonchè quali
passi (deposito, ricerca di fattibilità, estensione, ecc.) e fin
dove tali passi sono compresi in tale disposizione.
Va notato che la regolamentazione economica della cessione, o della
licenza, è normalmente connessa all'impegno economico, e/o organizzativo,
che il committente, o il finanziatore, si assume contrattualmente.
In base alla regolamentazione come prevista contrattualmente, restando
salvi i diritti degli inventori, risulterà quindi che gli eventuali
titoli brevettuali scaturenti dalla ricerca andranno intestati all'Università,
o al committente/finanziatore, o ad un terzo, ovvero cointestati
individuando le quote di titolarità, ovvero anche dei diritti patrimoniali
se tra la ripartizione dei detti diritti patrimoniali e della titolarità
non vi è coincidenza.
Sempre contrattualmente vanno regolamentati i casi di invenzioni
parallele o derivate, ovvero i casi di nuove, o impreviste, applicazioni,
o utilizzazioni, delle invenzioni concretizzate durante l'attività
contrattuale, nonchè l'eventuale assistenza successiva alla terminazione
del contratto.
E' sempre un problema da risolversi contrattualmente il definire
i limiti e le modalità connesse con la divulgazione dei risultati
che il committente/finanziatore concede ai ricercatori, nonchè i
vincoli ed i tempi possibili per tale divulgazione, anche nel rispetto
delle problematiche connesse con l'istituto del brevetto.
Nel contratto si devono anche definire i limiti della riservatezza;
l'eventuale patto di non concorrenza, la sua durata e verso chi
tale patto è a valere (un patto di non concorrenza comporta una
specifica monetizzazione che può andare anche in capo ai contrattisti
o agli specifici ricercatori).
Nel contratto possono essere previsti e regolamentati anche gli
eventuali diritti di prelazione qualora la titolarità, totale o
parziale, resti in capo all'Università.
Una proposta di ricerca, ed a maggior ragione se
contempla anche larvatamente una attività inventiva, deve essere
sempre sottoposta all'approvazione del Consiglio dell'Istituto o
del Dipartimento presso il quale verrà svolta la ricerca stessa.
Il Consiglio, nel deliberare, deve quanto meno individuare: i canali
di finanziamento della ricerca; la compatibilità dell'intestazione
degli eventuali titoli brevettuali, successiva cessione o licenza,
con le clausole connesse all'eventuale finanziamento della ricerca;
la regolamentazione posta in essere con i ricercatori, contrattisti,
studenti o altri che parteciperanno alla ricerca stessa; a chi fa
capo la ricerca e la responsabilità dell'individuazione degli eventuali
inventori; la quota di titolarità dei risultati della ricerca a
favore dell'Università; la congruità del corrispettivo in relazione
alle spese che ragionevolmente si andranno a sostenere e le modalità
di incasso di detto corrispettivo nonchè le altre clausole salienti
a garanzia ed a chiarimento. Restano sempre salve le cosiddette
clausole di rito.
Va da sè che un contratto tipo, ovvero un prospetto esplicativo
che conduca per mano chi va a trattare l'acquisizione del contratto,
dovrebbe essere predisposto per motivi di sicurezza, completezza
e tranquillità dell'Università stessa e di chi in essa opera e lavora.
A ricerca avviata o conclusa, qualora si prospetti una cessione
o una licenza a favore del committente, o a favore di chi per esso,
ovvero a terzi, il detto Consiglio sarà chiamato a deliberare quanto
meno in merito alla corrispondenza tra inventori designati ed inventori
effettivi; alla congruità del corrispettivo che il terzo deve riconoscere
all'Università; alle modalità di pagamento e di controllo di tale
corrispettivo; all'eventuale quantificazione dell'equo premio
da corrispondere agli inventori.
E' opportuno che le delibere del Consiglio vengano sempre portate
esplicitamente a conoscenza di tutto il personale della struttura,
compresi i collaboratori esterni connessi con il contratto specifico,
ciò per evitare che sorgano contestazioni in merito agli autori
dell'invenzione ed agli eventuali compensi connessi.