Tribunale di Milano, 10.02.1997
Poiché possiede un’immediata industrialità alla portata del tecnico del ramo quanto all’utilizzazione in analisi immunologiche se non anche in vaccini, l’individuazione della struttura del virus HCV è validamente brevettabile.
Stante la riserva contenuta nell’ultima parte del secondo comma dell’art.
13, legge invenzioni a favore dei procedimenti e prodotti conseguenziali di natura
microbiologica, e poiché non sembrano esserci dubbi sull’inserimento
dei microrganismi ed in particolare dei virus tra i prodotti microbiologici,
non sussistono reali ostacoli logico-giuridici alla brevettazione del prodotto
virale.
Un brevetto biotecnologico che descrive e rivendica quale determinante antigenico
una sequenza contigua di almeno 10 amminoacidi compresa in poliproteina codificata
da HCV identificata con un’omologia di almeno il 40% della sequenza di
859 amminoacidi illustrati nella fig. 14 del brevetto stesso è valido
quanto alla sufficienza della descrizione del trovato anche se la semplice omologia
del 40% potrebbe non essere sufficiente per affermare l’appartenenza della
proteina al ceppo virale del HCV: ciò da cui può dipendere l’ambito
di validità e di tutela delle rivendicazioni.
La brevettabilità della scoperta scientifica di diretta applicazione industriale
implica che il requisito dell’attività inventiva debba essere riferito
all’individuazione della scoperta stessa, l’applicazione industriale
essendo per definizione, nel caso considerato, automatica ovvero tale comunque
da richiedere l’utilizzazione di dispositivi già noti o alla portata
del tecnico del ramo.
Se un’invenzione è stata realizzata utilizzando le informazioni
di un ricercatore di un istituto pubblico di ricerca e non è stato provato
che tali informazioni appartengano allo stato della tecnica, il requisito dell’attività inventiva
ai fini del giudizio sulla validità del brevetto deve essere condotto
non tenendo conto delle informazioni suddette.
Non sussiste il fumus boni iuris della nullità di un brevetto europeo
designante l’Italia in relazione alla frazione italiana su di un’invenzione
che si assume realizzata in tutto o in parte da un ricercatore americano che
se ne attribuisce la paternità, se tale ricercatore non è rimasto
inerte ma ha rivendicato il brevetto negli USA e se la sua domanda di rivendicazione è stata
respinta sulla base di un accordo di transazione stipulato dopo il deposito del
brevetto nel quale il ricercatore stesso abbia rinunciato al suo diritto di brevettazione
a favore di chi ha effettuato il deposito.
Benché la teoria dell’equivalenza e della contraffazione parziale
nel campo chimico e biotecnologico debbano essere applicate non già negando
qualsiasi possibilità di equivalenza ma considerando con rigore maggiore
che negli altri campi tecnologici il rapporto intercorrente fra la struttura
del composto e la sua funzione, sussiste la contraffazione per equivalente del
brevetto se viene utilizzata, ai fini della fabbricazione di un kit immunodiagnostico,
una sequenza polipeptidica strutturalmente diversa da quella descritta e rivendicata
dal brevetto senza che sia data la prova di rilevanti differenze funzionali e
senza apprezzabili allegazioni tecniche in tal senso.
Dovendosi inibire in via cautelare la fabbricazione e la vendita di kit immunodiagnostici
il provvedimento non può essere limitato ai prodotti destinati alla vendita
nel mercato nazionale e neppure a quella specifica parte dei kit contenente i
polipeptidi descritti e rivendicati nel brevetto.
Ordinato il sequestro di kit immunodiagnostici contro l’epatite C ne va
esclusa l’esecuzione presso gli ospedali ed in generale presso pubbliche
strutture di ricovero e cura per intuitive esigenze di tutela dei diritti fondamentali
di terzi estranei alla controversia e per il buon andamento delle strutture sanitarie.