Corte di Cassazione, 3276
Il principio secondo il quale l’uso di parole, figure o segni comunque atti a trarre in inganno sulla scelta
dei prodotti deve essere riguardato con riferimento ai segni in sé e non
ai prodotti o al modo d’uso del marchio, e cioè all’intrinseco
degli elementi costitutivi del marchio senza considerare eventuali caratteri
estrinseci o particolari qualità dei prodotti da esso contrassegnati,
non esclude che la nullità originaria del marchio vada riguardata pur
sempre i relazione al prodotto descritto nella domanda di registrazione, ma va
inteso nel senso che, operato il necessario collegamento tra il segno utilizzato
come marchio e la descrizione del prodotto con esso contrassegnato nella domanda
suddetta (con riguardo all’essenza e non a mere ed eventuali qualità del
prodotto medesimo) la recettività originaria del marchio deve essere negata
quando la si faccia dipendere da fattori da esso estrinseci o dalla mancanza
di qualità del prodotto la cui descrizione sia tuttavia coerente con il
marchio che lo contraddistingue, e non quando il marchio corrisponda ad un prodotto
essenzialmente diverso da quello che deve contrassegnare.
Il provvedimento di inibitoria dell’uso di un marchio nullo mira ad evitare
la continuazione di un illecito originario ed è conseguente al suo presupposto
che è l’affermazione di nullità del marchio (in applicazione
di questo principio la Corte ha respinto il mezzo di ricorso per violazione di
legge basato sul rilievo che l’inibitoria colpiva il marchio “Cotonelle” in
sé e non in relazione all’uso su un prodotto puramente cartaceo
dato che la sanzione si riferisce unicamente a tale ipotesi e non anche a quella
che si dice prospettata per fini puramente dialettici di un prodotto contenente
fibre di cotone conformemente al significato del marchio).
Al fine che sia sollevata una questione pregiudiziale ex art. 177 CE non basta
che una parte sostenga che la controversia ponga una siffatta questione ma occorre
che il Giudice nazionale accerti la sussistenza in senso tecnico di una questione
interpretativa che giustifichi il ricorso alla logica del rinvio pregiudiziale
che è l’uniformità del diritto comunitario.
Non può escludersi che la stessa merce – quando non si introduca
alcuna restrizione alla circolazione di essa in sé considerata – possa
fare uso di un marchio in uno Stato e di un marchio diverso in un altro, se tali
Stati abbiano inteso realizzare diversamente la tutela della proprietà industriale
e commerciale tra quei margini di autonomia che l’Ordinamento Comunitario
riconosce loro.